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Un team di ricercatori italiani guidati dal professor Giuseppe Cannazza è l’autore della scoperta di un nuovo cannabinoide, il THCP, raccontato con uno studio scientifico su Scientific Reports, un giornale online che fa parte del network di Nature.
Estratto da una varietà di cannabis Sativa e più precisamente dalla FM2 prodotta a Firenze, il nuovo fitocannabinoide ha un’attività farmacologica in vivo superiore a quella del THC.
«Nel tentativo di definire il profilo dei fitocannabinoidi che caratterizza una varietà di cannabis medicinale», si legge nell’abstract dello studio, «è stato identificato un nuovo fitocannabinoide con la stessa struttura di Δ9-THC ma con una catena laterale alchilica a sette termini. Il composto naturale è stato isolato e completamente caratterizzato e la sua configurazione stereochimica è stata assegnata per corrispondenza con lo stesso composto ottenuto da una sintesi stereoselettiva. Questo nuovo fitocannabinoide è stato chiamato (-)-trans-Δ9-tetraidrocannabiforolo (Δ9-THCP). Insieme con Δ9-THCP, il corrispondente cannabidiolo (CBD) omologato con sette-termine lato catena alchilica (CBDP) è stato anche isolato e inequivocabilmente identificato».
Non solo, perché: «Nel test farmacologico della tetrade dei cannabinoidi, Δ9-THCP ha indotto ipomotilità, analgesia, catalessi e diminuzione della temperatura rettale, indicando un’attività cannabimimetica simile al THC».
L’importanza di questa scoperta sta anche nel fatto che: «La presenza di questo nuovo fitocannabinoide potrebbe spiegare le proprietà farmacologiche di alcune varietà di cannabis difficili da giustificare con la presenza del solo Δ9-THC».
Siccome si aspettavano che: «Il THCP fosse dotato di un’affinità di legame ancora più elevata per il recettore CB1 e di una maggiore attività cannabimimetica rispetto al THC stesso», al fine di investigare questi aspetti farmacologici del THCP e la sua affinità di legame per il recettore CB1 lo hanno testato e «la sua attività cannabimimetica è stata valutata con i test comportamentali nei topi».
I risultati biologici ottenuti nel test di legame in vitro hanno indicato un’affinità per il recettore CB1 più di trenta volte superiore rispetto a quello riportato per Δ9-THC in letteratura. Inoltre, secondo i ricercatori «questi dati incoraggianti sono stati supportati dalla valutazione in vivo dell’attività cannabimimetica con il test tetrad, dove Δ9-THCP ha diminuito l’attività locomotoria e la temperatura rettale, ha indotto la catalessi e ha prodotto analgesia mimando le proprietà degli agonisti dei recettori CB1 completi. In particolare, il Δ9-THCP si è dimostrato attivo quanto il Δ9-THC, ma a dosi più basse. Infatti, la dose minima di THC usata in questo tipo di test è di 10 mg/kg, mentre Δ9-THCP è risultato attivo a 5 mg/kg in tre dei quattro test».
Fonte: Dolcevita Magazine