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Negli ultimi anni la ricerca medica sta notevolmente concentrando i suoi sforzi per dare beneficio alle persone affette da autismo, una malattia grave e tutt’altro che rara, per la quale ancora non esistono cure definitive e che comporta per gli individui che ne sono portatori e il sistema familiare/sociale di riferimento una sfida continua, difficile e dai risvolti multipli e imprevedibili.
Si stanno portando avanti studi importanti sull’utilizzo di estratti di cannabis ad alto contenuto di CBD e basse concentrazioni di THC per alleviare i problemi di questi pazienti che, a causa della manifestazione precoce della malattia, sono principalmente bambini.
Fino a poco tempo fa si parlava dell’efficacia di queste sostanze nella gestione dei comportamenti antisociali e dei disturbi comportamentali, ma finalmente arrivano le prime ricerche ufficiali che confermano l’efficacia di trattamento e che aprono una porta in più verso una sperimentazione di tipo intensivo.
Autismo: la patologia, le manifestazioni e le terapie
Questa malattia è inserita all’interno della categoria dei disordini dello sviluppo neurologico. L’autismo si manifesta nella prima infanzia, in bambini di età superiore ai 6 mesi fino ai 3 anni d’età, ed è collegato a tre manifestazioni: deficit nell’interazione sociale (rispetto agli stimoli esterni), deficit nella comunicazione, presenza di comportamenti limitati e ripetitivi. L’incidenza della patologia è molto maggiore tra i bambini di sesso maschile (dalle 2 alle 4 volte di più secondo diversi studi).
I sintomi citati possono essere da lievi fino a molto severi, dipendendo dalla persona e dal momento di osservazione: l’andamento della patologia infatti non è stabile, ma soggetto ad aumento e diminuzione delle manifestazioni che può essere causato da agenti esterni (come fattori di stress) o senza rilevabili motivazioni.
Le cause scatenanti sono sconosciute ma, secondo i dati del National Institute of Neurological Disorders and Stroke, la genetica ha un ruolo fondamentale nello sviluppo di questa malattia, insieme a fattori concomitanti ambientali. Sembra infatti plausibile la possibilità che siano irregolarità nell’apparato cerebrale e nelle modalità di neurotrasmissione a interrompere e modificare il normale sviluppo del cervello e la comunicazione tra cellule cerebrali.
L’autismo è una condizione che colpisce circa l’1% della popolazione, ma la rilevazione di incidenza pare essere molto imprecisa perché, secondo alcuni studi di popolazione, raddoppierebbe se nella stima venissero inseriti anche i casi di adulti che presentano disturbi di tipo relativamente lieve e che non hanno mai avuto accesso ai servizi sanitari con questa diagnosi.
Non si guarisce dall’autismo ma esistono diversi tipi di terapie, principalmente di tipo cognitivo e comportamentale, che aiutano il soggetto a migliorare la propria situazione cognitiva, emotiva e sociale. Tuttavia la persona affetta da autismo anche crescendo rimane vulnerabile, dipendente da aiuti esterni, ed è caratterialmente predisposta a sviluppare ansia e depressione di pari passo con la crescita fisica. La terapia farmacologica è puramente di sostegno e spesso include l’utilizzo di antipsicotici e stimolanti che spesso risultano inefficaci o addirittura rischiano lo sviluppo di effetti paradosso che peggiorano alcuni comportamenti ossessivi.
Gli studi clinici e il futuro della cannabis terapeutica nel trattamento dell’autismo
Le ricerche più moderne hanno evidenziato un’altissima efficacia degli estratti di cannabis nel trattamento dell’autismo: questi studi sostengono infatti che l’impiego di alcuni cannabinoidi in alte concentrazioni potrebbe migliorare il comportamento e le capacità relazionali a causa di una forte connessione tra alcune aree del cervello e l’alto numero di recettori cannabinoidi presenti in queste aree.
In Israele, paese leader nella ricerca sulla cannabis terapeutica, è stato condotto il più importante studio sulla cannabis con fini terapeutici per pazienti autistici. L’ospedale di Shaare Zedek a Gerusalemme ha coordinato uno studio incrociato relativo a 5 centri sanitari nazionali che hanno coinvolto più di 120 minori affetti da questa patologia. I soggetti, di età tra i 5 e i 18 anni, sono stati trattati con olio ad alta concentrazione di CBD e bassa concentrazione di THC per via orale. La tollerabilità e l’efficacia sono state valutate con scale e questionari rivolti ai soggetti e ai familiari di riferimento.
I risultati sono stati incoraggianti: i disturbi comportamentali sono migliorati almeno parzialmente nel 61% dei pazienti, quelli relativi ad ansia e comunicazione sono migliorati in modo moderato nel 39% e molto migliorati nel 47%. I genitori hanno riportato uno stress molto minore secondo i questionari, con un miglioramento del 33%. Questo studio scientifico ha effettivamente validato con ampio successo l’utilizzo della cannabis medica ad alto valore di CBD per il trattamento dei problemi comportamentali refrattari nei bambini con disturbo dello spettro autistico.
Nel mondo si stanno aprendo nuovi capitoli su questo nuovo fronte scientifico. Le ultime novità sulla ricerca medico-terapeutica riguardante la cannabis e l’autismo riguardano gli Stati Uniti dove il CMCR (Center for Medicinal Cannabis Research) dell’Università di Medicina della California a San Diego a fine aprile scorso ha ricevuto una donazione di 4,7 milioni di dollari dalla Ray and Tye Noorda Foundation per l’inizio di una ricerca correlata all’uso del CBD (il cannabidiolo, un metabolita della cannabis sativa) nella terapia per l’autismo grave. Lo studio inizierà nel 2019 e verificherà con i sistemi scientifici più avanzati l’applicabilità e la sicurezza di una terapia a base di CBD, l’efficacia contro i sintomi dei Disturbi dello Spettro Autistico, le eventuali alterazioni del CBD con i neurotrasmettitori e il suo effetto sulla connettività cerebrale, l’eventuale alterazione dei biomarker della neuroinfiammazione associata al disturbo autistico. La sperimentazione clinica sarà portata avanti su un campione di 30 bambini con diagnosi di autismo (da moderato a grave) di età comprese tra gli 8 e i 12 anni, privi di altre patologie neurologiche come l’epilessia e in relativa buona salute.
Questa donazione è un passo storico: infatti si tratta della più ingente, in forma privata, devoluta negli Stati uniti per uno studio sulla Cannabis e lascia ben sperare per un’apertura mentale che forse, lentamente, cambierà una volta per tutte la visione dell’utilizzo della canapa.
Fonte: CB Weed